Emilia Salvioni
Una scrittrice ritrovata |
Emilia Salvioni pubblicò 21 romanzi per adulti, 14 per ragazzi, collaborò con moltissime case editrici, (Mondadori, Cappelli, SEI, SALES), e scrisse centinaia di interventi sui giornali: racconti brevi, elzeviri, commenti di respiro nazionale.
Il comitato scientifico e il Comune di Pieve di Soligo ha lavorato alla ristampa dei primi due titoli Angeliche colline e Lavorare per vivere che in questo momento sono gli unici libri di Emilia Salvioni in commercio.
L’obiettivo per il 2004 è la ristampa in autunno di un’altra opera.
Il romanzo è ambientato nell’immaginario paese di Pieve di Contigo, dietro al
quale non è difficile scorgere un luogo molto amato dalla scrittrice, Pieve di
Soligo, terra d’origine della madre, dove la famiglia Salvioni trascorreva
ogni anno le vacanze estive.
Al centro della vicenda sono Angelica e Maddalena, le due «putele»
Urban, ormai non più giovani e destinate a vivere nell’ombra, succubi del
padre che, rimasto vedovo, trascina la sua vita tra l’alcol e le donne. Alla
sua morte, le due sorelle vengono a conoscenza della disastrosa situazione
economica familiare, fatta di debiti e ipoteche: decidono allora di provare a
prendere il diploma o, come si diceva allora, la «patente» di maestre,
mettendo a frutto l’istruzione e la cultura trasmesse loro dalla madre.
L’impresa appare una follia agli occhi dei conoscenti e il consiglio unanime
è quello di ritirarsi a vivere presso qualche parente facoltoso, dove «una
scodella de risi» non sarebbe mai mancata per loro.
Foto
della copertina
Carlotta Varzi S.A.
di Antonia Arslan
Questo romanzo appassionato, immerso in un’atmosfera profondamente
drammatica, risalta nell’ampia produzione di Emilia Salvioni come un gioiello,
un approdo della sua felice maturità di scrittrice.
E’
la storia inedita di una donna imprenditrice negli anni Trenta, in un paese di
provincia, delineata con estrema precisione di dettagli e di ambientazioni.
Viene descritto il suo successo come donna in carriera e il suo fallimento come
donna amorosa: non tanto nel ruolo di moglie, perché Carlotta si sposa ed è
affezionata al marito, che col suo amabile buonsenso appiana le asprezze del
carattere di lei, e sarà molto addolorata dalla sua morte, ma come
donna-amante, nel momento in cui una vera, passionale emozione dissolve le sue
difese e la lascia, come una bambina spaurita, ad addentrarsi nel mondo oscuro
dei sentimenti senza la guida del limpido raziocinio commerciale che le ha
portato fortuna.
Per
tutto il percorso del libro, Carlotta guida gli uomini che la circondano come
una saggia matriarca, dispone e decide, e non ha dubbi nel valutare e nel
provvedere; ma quando conosce il bel Giuliano, indolente seduttore quasi per
caso, il percorso della sua vita le si illumina di una impietosa luce radente:
sicché da un lato si rende conto lucidamente di essere di fronte a un
fallimento personale totale, ma dall’altro si accorge che la sua stessa
essenza di imprenditrice di successo la circonda di un alone di ambigua ma
effettiva ammirazione maschile, di triviale forse, ma soffocante sensualità.
Così
Carlotta perde la pace, si vede diversa, si vuole diversa: e per un momento
crede talmente in questa sua scoperta del “diritto alla felicità” da
inseguire l’innamorato (che fra l’altro, quando lei gli ha detto di amarlo,
ha seccamente risposto: “Io no. Ma ho voglia di te, molta”!) nella grande
città, per un’intera giornata di passione e di avvilimento, sentendosi
insudiciata, ma determinata nella sua ricerca della soddisfazione amorosa. Sa
benissimo che Giuliano è “fatuo e svagato”, e che la lascerà presto: ma
intende prenderselo per un poco, con la stessa lucida testardaggine che le ha
portato fortuna negli affari.
Ma
quel giorno, a Milano, lui non c’è. E Carlotta, sconfitta, prende un treno di
terza classe, si siede sulla panchetta di legno, riflette e rinuncia. Le pagine
finali sono drammatiche e forti, piene di malinconia, ma anche di fredda ironia
e di coraggio, sigillate dallo straordinario, straziante colloquio telefonico
finale fra Carlotta e Giuliano.
Foto
della copertina
Musica, profumi, luci e colori. Con poesia, con un morbido e sapiente equilibrio, la sinora trascurata ma non più dimenticabile Emilia Salvioni racconta e si racconta, riflette e dialoga con noi.
Le sue pagine si colorano e si nutrono di sentimento, i paesaggi si scoprono, il valore di una quotidianità sana e caparbia lievita dai suoi racconti, avvolgendo e seducendo i nostri cuori. La campagna, la città, il focolare, il ritmo di una natura perenne e misteriosa si fondono e si fanno cultura e intimo abito mentale. I personaggi vivono nel delicato contrappunto che lo sguardo tipicamente fiammingo di Emilia sa cogliere e di lì, con ironia e passione – quanta passione! -, si sfumano in chiaroscuri lombardo-veneti e si arricchiscono di perle dal sapore emiliano.
Il talento di Emilia Salvioni è pittorico, è poetico, è musicale, è narrativo. È una lente magica al servizio di un’intelligenza libera e caparbia, discreta ma anticonvenzionale, propria di un’autrice tra le più valenti del nostro Novecento.
Foto
della copertina
Opera tra le più significative di Emilia Salvioni, questo romanzo è un inno alla femminilità di fine Ottocento. Sono pagine ricche di sentimento e suggestione, in cui le due sorelle Urban rompono, come spesso accade coi personaggi di Elisa, la quotidianità imperitura del piccolo centro rurale. Alla consuetudine di maniera, al ritmo lento e cadenzato che nasconde dietro la facciata della solidarietà e della comprensione una realtà di soffocante controllo sociale e di ammorbante pettegolezzo, le protagoniste oppongono con tenacia una scelta. Una volontà che è di studio, che diviene poi lavoro. In una società costruita per l’uomo e subita dalle donne, le due sorelle impongono la propria visione, i propri progetti, la loro caparbia voglia di libertà di potersi gestire. Le accompagna lo sguardo attento e affettuoso della Salvioni, le segue la sua versatile e deliziosa ironia, le avvolgono le istantanee che vivificano sapientemente in poche righe personaggi strambi e gustosi.
Là dove la provincia veneta si fonde con la campagna, e i primi rumori della cittadina affondano nelle armonie ritmate dei campi, Emilia Salvioni ha saputo dare dignità, forza e maestosità alle paure, ai sentimenti, alle speranze di due piccole vite di paese in un grande, prezioso affresco poetico-letterario.
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